“Voi signore ricche e borghesi non sapete mai arrangiarvi, vi servite degli altri e volete tutto pronto…”
MIA
Quello che Jamaal mi stava dicendo iniziavo a capirlo forse solo
in quel momento prendendo consapevolezza di quello che mi avrebbe riservato il futuro. Questa consapevolezza faceva crescere dentro di me le paure di un futuro pieno di incognite e pericoloso, ma che iniziavo davvero a desiderare. Ad ogni accenno sul mio stato di schiava, di cagna, di troia il mio corpo reagiva con lampi di eccitazione mai provati prima. Persino quelle parole: “… sarai venduta e rivenduta come una semplice mercanzia” mi eccitavano, immaginando me stessa passare da un padrone all’altro, forse sempre più esigenti e sempre più perversi.
“Ora cominci a capire cosa intendo quando dico che sei la mia schiava e che ti farò prostituire a mio piacere?”
Continuò guardandomi fissa mentre io alzavo lo sguardo verso di lui e gli rispondevo sia con le parole che con la mia espressione sempre più sottomessa.
“Sì padrone, lo capisco e sono pronta a fare tutto quello che desiderate da me.”
“Sei fatta per essere una puttana, per essere usata in tutti i modi possibili – continuò – e non passerà tanto tempo prima di vederti battere il marciapiede dimenticando presto gli agi della tua vita confortevole.”
Tornai ad abbassare il capo e lo sguardo forse pentendomi di aver osato troppo nel guardarlo mentre gli rispondevo.
“Sì, padrone, ha ragione.” risposi con tono rispettoso.
“Bene, vedo che inizi a capire – continuò lui – quindi ora, da brava puttana obbediente, ti inginocchi davanti a tuo marito e ti farai scopare in bocca. Ma attenta, non devi fargli un pompino, voglio che ti scopi in bocca fino in gola.”
Sempre col capo chino mi inginocchiai davanti a Rodolfo che, incredulo, era rimasto in silenzio. Gli slacciai i pantaloni come dovrebbe saper fare una vera puttana gli tirai fuori il sesso, poi aprii la bocca in attesa di riceverei l suo membro.
Lui non si muoveva, presi io completamente l’iniziativa prendendo il suo sesso tra le labbra e mettendogli le mani sui fianchi cercando di dargli così la spinta giusta. Fu allorache iniziò il suo movimento dentro la mia bocca, prima lentamente, poi più in profondità e più velocemente. Lo sentivo completamente sul palato fino a toccarmi prima l’ugola, poi la gola, facendomi provare dei conati di vomito, ma seppi resistere, come avevo imparato nelle ultime mie prestazioni, cercando anche di regolare il respiro.
Jamaal ci girò intorno e ogni tanto mi dava dei colpi di frusta sulle natiche e sulla schiena dicendo ogni tanto “brava” insieme a “prof salope”.
Sopportavo bene il sesso di Rodolfo che si infilava nella mia gola, sopportavo i colpi del suo pube sul mio viso, sul mio naso, mi piaceva essere usata in quel modo e lo sapeva anche mio marito e il mio padrone. In ogni momento i colpi di frusta mi facevano male, è vero, ma li sopportavo, volevo solo che chi mi stava usando in quel momento provasse il suo piacere, in un modo o nell’altro.
Scoprii un’altra parte di me che ancora non conoscevo: oltre a provare piacere per me, per quello che facevo, per come venivo usata, provavo ancor più piacere nel vedere che quelli che mi usavano godevano di me, di quello che mi stavano facendo e più li sentivo godere, più facevo di tutto per aumentare il loro piacere.
Alla fine Rodolfo mi esplose in gola tutto il suo orgasmo che, senza indugio e come avevo imparato, mi affrettai ad ingoiare.
“Ero certo – riprese Jamaal mentre mi accarezzava il sesso e io pulivo con la lingua le ultime gocce sul glande di mio marito – sei una viziosa, godi persino a succhiare tuo marito mentre il tuo padrone ti frusta.”
Non risposi, ma provavo piacere anche nel sentirmi dire certe cose.
Restai in ginocchio davanti a mio marito in attesa di nuovi ordini.
“Guarda cosa ti sei ridotta a fare, da professoressa a puttana ecco cosa sei – continuò – una signora per bene come te che si lascia trattare in questo modo è giusto che provi emozioni forti”.
RODOLFO
Mi resi conto ancora di più del suo degrado.
Non mi sfiorò neppure con le mani. Mi baciò il sesso ed iniziò a far scivolare la sua lingua lungo l’asta eretta dandomi una piacevole sensazione mai provata eccitandomi nell’immaginarla alle prese con i sessi che si era fatti in quel cinema nell’ora precedente. Muoveva le labbra avanti e indietro sincrone con il movimento della lingua come da vera professionista del sesso.
Mia non mi aveva mai succhiato in quel modo.
Un altro colpo la fece sussultare e sentii le sue labbra tremare attorno al mio sesso. Alzò gli occhi e vidi per la prima volta delle lacrime rigarle il viso ma la sua umiliazione si diffondeva sulle sue labbra che non smettevano di scivolare avanti e indietro sul mio sesso che spinsi più profondamente nella sua gola provocandole un conato di vomito.
Si staccò solo per un attimo da me. Con un altro colpo di frustino questa volta facendola gemere dal dolore, Jamaal le intimò di continuare. Sentii il mio sesso tendersi e il mio affanno mescolarsi al suo svuotandomi nella sua bocca. Continuò ancora a riempirsi la bocca deglutendo tutta la mia eccitazione e facendomi provare dei brividi quando, con il sesso che si ritraeva, passò delicatamente la sua lingua sul glande.
Ma la sorpresa maggiore furono le parole che rivolse al suo mac Jamaal: “Grazie padrone di avermi punita così duramente, nessuno aveva mai osato farlo ora sento di appartenervi ancora di più”.
MIA
Sentii addosso lo sguardo penetrante di Jamaal che evidentemente non era ancora soddisfatto.
“Sicuramente proverai molto schifo di trovarti in questo cesso. A casa tua sarà tutto pulito ed in ordine ed avrai sicuramente una cameriera che lavora per te, non è vero?”
Passeggiando per quel locale e indicandomi le pozze di luridume sul pavimento mi continuava a dire: “Guarda che schifo!”. Poi si fermò in un angolo dove c’erano un secchio, degli stracci forse più luridi del pavimento e una scopa anch’essa lurida e molto sfilacciata.
Con un sorriso che sottintendeva molto mi indicò la scopa.
“Adesso pulisci tutto.” mi disse con disprezzo.
Guardai la scopa e il mio padrone, anche quella era una cosa che facevo raramente a casa, sia perché avevo effettivamente una donna che faceva le pulizie, ma anche per mancanza di tempo, dovendo insegnare e poi preparare lezioni, esami e lauree. Quell’attività la facevo al massimo qualche sabato o domenica e esclusivamente quando non potevo proprio farne a meno.
Mi avvicinai a quelle attrezzature per le pulizie rendendomi conto che avevano bisogno di pulizia più loro che quel pavimento.
In ogni caso sentivo che dovevo ubbidirgli e presi il manico di quella scopa che un giorno, forse, aveva un colore diverso, sicuramente più chiaro.
“Una signora italiana così per bene che finisce a fare la donna delle pulizie in un cinema porno agli ordini di un mac algerino – commentò ridendo, poi con tono imperioso – Avanti schiava bianca muoviti, datti da fare”.
Ebbi un sussulto quando cambiò tono per darmi quell’ultimo ordine e non persi tempo a iniziare a spazzare quel pavimento cercando di farlo nel modo più giusto.
“E domani vieni a pulire anche il locale, ovviamente vestita come sei adesso”. Continuò con lo stesso tono imperioso.
“Sì, sì padrone, va bene.”
Dissi con voce tremante continuando a spazzare anche dove il pavimento era ricoperto di liquidi di natura facilmente immaginabile.
Non potevo certo far diventare quel pavimento così sporco come quello di casa mia e certamente non avrei potuto con una scopa così lurida, ma a Jamaal non parve vero potermi umiliare ancora una volta.
“Cosa aspetti – disse con quel suo solito tono di padrone dispotico e arrogante – devi anche asciugare il pavimento. Voi signore ricche e borghesi non sapete mai arrangiarvi, vi servite degli altri e volete tutto pronto. Vuoi che ti insegni io come fare?”
Con violenza mi strappò di mano la scopa e fece scivolare le setole o quelle che rimanevano di una vecchia scopa sul pavimento dove ristagnava maggiormente del liquido.
Nel fare questo faceva in modo che le setole colpissero la punta dei miei piedi facendomi indietreggiare di un passo.
Jamaal mi guardò con rimprovero ed io, per umiliarmi ancora di più ai suoi occhi, chinai il capo in maniera sempre più sottomessa fermandomi, nonostante lui mi facesse passare la scopa non solo sui piedi, ma anche sulle caviglie.
Mi guardò con un ghigno perverso e riprese a parlare.
“Visto che non ci sono stracci è l’unico modo, raccogli l’acqua con la scopa per terra e te la sfreghi sulle calze, e continui così finché hai asciugato tutto”.
Avrei voluto protestare, dirgli che la cosa mi faceva schifo, come effettivamente era in realtà, ma fui servizievole e ubbidiente, presi la scopa dalle mani del mio padrone e iniziai a fare quello che mi era stato ordinato. Ma già dall’inizio mi sembrava un’impresa ardua e fui presa da una crisi di ribrezzo per quanto mi veniva ordinato e per quanto sporco fosse quel pavimento, ormai diventato un pubblico orinatoio.
RODOLFO
Averla vista, come una servetta, pulire quel pavimento nuda, fu uno spettacolo che non mi sarei più scordato. Il contrasto tra le sue gambe fasciate dalle calze nere ed il culo nudo che ad ogni movimento della scopa si inarcava, obbligata com’era a mantenersi ritta sui sandali con quei tacchi vertiginosi, la rendevano ancora più eccitante. Immaginai per un attimo i pensieri che avrebbero invaso la sua mente fino a raggiungerle il sesso e farle provare un piacere immondo nel vedersi umiliata a tanto.
Il seguito fu ancor più sconvolgente, umiliante ed eccitante allo stesso tempo.
Quello che fece andò oltre ogni più squallida rappresentazione della sua sottomissione. Restai senza fiato, Mia che trasecolava e tentò balbettando una minima reazione
“Vi prego, mi fa schifo, c’è di tutto in mezzo a quello sporco.” Cercò un aiuto. Restai immobile senza intervenire. Mia si ritrovò con la scopa in mano, tremante girò il manico e se la portò verso i piedi strofinandolo sopra con riluttanza.
Si fermò e guardò il suo padrone cercando di impietosirlo.
“Fai come ti ho detto, continua” la apostrofò bruscamente con una forte dose di sadico compiacimento.
Senza via di scampo Mia riprese quel lavoro impiastrando le setole della scopa con la viscida melma del pavimento e girandole gocciolanti verso di se ripeté il gesto.
Mia si fermò appoggiando la scopa per terra “non posso, mi fa schifo, puzza di piscio”. Si girò verso di me senza dire nulla ma lasciando che i suoi occhi esprimessero la sua vergogna per quella prova abietta.
“Credo che non abbiate difficoltà a confermare che vostra moglie ha accettato di trasformarsi nella mia serva – Jamaal si fece serio – non vorrete che la si possa far passare solo per una puttana? E’ una schiava, una serva.”.
Era un messaggio chiaro, umiliare Mia fino in fondo o peggio per noi.
Mia era di ghiaccio. Jamaal le rubò la scopa dalle mani, sfiorò i piedi di Mia risalendo lentamente fino al ginocchio e guardando il volto sconvolto di Mia riprese più severamente “ora anche sulle tue belle cosce”. Riabbassò la scopa in mezzo alla pozzanghera e le setole assorbirono altro liquido. Fece la stessa cosa per l’altra gamba in un’atmosfera irreale. Ripeté il gesto e fece scivolare la scopa la lungo una coscia. Girò intorno a Mia e con lo stesso rituale pulì la scopa sulle calze di Mia ormai intrise, ma il lago ai suoi piedi ancora non si era prosciugato.
“Abbiamo visto che la mia serva ormai è disposta tutto ma per fare le cose per bene ho il sistema giusto…. Togli le calze”
Mia quasi impaurita slacciò le calze dal reggicalze. Ne srotolò una e slacciò il sandalo. In equilibrio sollevò il piede sfilando completamente la calza. Stava per rimettere il piede nudo nel sandalo ma Jamaal, con un calcio, glielo allontanò. Mia restò un attimo in equilibrio precario ma finì per appoggiare il piede nudo sul pavimento bagnato da quel luridume. Incapace di obiettare fece la stessa cosa con l’altra calza e questa volta bastò lo sguardo dell’arabo per indurla ad appoggiare direttamente il piede nudo per terra. Nuda il solo reggicalze in vita, restò ferma con le calze in mano a piedi nudi in quella fanghiglia.
Jamaal calcò la mano sulla sua sottomissione “Adesso la nostra bella signora si inginocchia sul pavimento ed usa le sue calze come stracci per asciugare il pavimento”.
Ero disgustato..
MIA
Nuda e a piedi nudi su quel pavimento lercio e puzzolente, aspettavo quasi con terrore, nuovi ordini da Jamaal che sicuramente sarebbero stati più umilianti e sgradevoli di quelli che mi aveva dato in precedenza.
“Fino ad ora ti sei fatta sbattere da tanti maschietti, giovani e vecchi – iniziò – hai conosciuto il sapore dello sperma che, a quanto pare, ti piace molto e poi hai conosciuto quello della piscia, ma questo sporco non ti piace, almeno non ancora.”
Come sempre iniziò a girarmi attorno finché mi si fermò davanti.
“Ora da brava sguattera e serva ti inginocchi e usi le tue calze come stracci – mi disse serio – asciughi il pavimento strizzando le calze nella turca.”
Restai qualche secondo in silenzio e ferma, guardai il pavimento lurido, le calze che tenevo in mano e cercai di contenere il ribrezzo che provavo in quel momento. Questo mio tentennamento provocò un lampo di ira di Jamaal che si avvicinò col viso alle mie orecchie.
“Sbrigati, non farmi arrabbiare, mettiti in ginocchio e ubbidisci – mi urlò quasi con tono imperioso – non mi verrai a dire ora che ti fa così schifo questo pavimento. Dopo tutto lo sperma che hai ingoiato, per non parlare del resto, ora ti metti a fare anche la schizzinosa?”
Ebbi uno scatto di sorpresa per quel suo urlarmi quasi nell’orecchio e portai indietro la testa abbassandola immediatamente come segno di sottomissione completa e portando le mani al petto quasi a voler parare qualche colpo che avrebbe potuto infliggermi.
Tremando sia per lo schifo che per la paura che si arrabbiasse ancora di più, mi lasciai scivolare piano in ginocchio sul pavimento gelido e stringendo le calze come se fossero degli strofinacci, iniziai a pulire il pavimento.
Cercavo di fare tutto come mi aveva detto il mio padrone, cercavo di raccogliere quel liquido da terra per farlo colare nella turca, volevo essere brava, non volevo farlo arrabbiare ancora di più, ma quel che più mi premeva era il fatto che volevo ubbidirgli, senza una ragione plausibile, forse, volevo semplicemente ubbidirgli per il suo e il mio piacere.
Ma non gli bastava.
Prese la scopa e la bagnò di quel liquido poi, di colpo, me la fece scivolare sulla pelle nuda di una gamba, come se volesse pulire la scopa su di me.
“Non sei solo una puttana o una cagna e un cesso – mi disse infatti – sei anche uno zerbino.”
Non parlavo, non ci riuscivo, la vergogna, il ribrezzo e … sì, anche il piacere, mi costringevano ad accettare quello che mi stava facendo immobile ed in silenzio.
Poi, forse per arrivare al culmine della mia umiliazione, consegnò la scopa a Rodolfo.
“Non fare solo lo spettatore – gli disse con tono pacato, ma fermo – pulisci la scopa sul corpo di tua moglie.”
RODOLFO
Restai immobile con la scopa in mano. Fissai Mia che abbassò lo sguardo. L’algerino ripeteva “avanti, avanti”. Non avevo altre scelte. Avvicinai la scopa alle tette di Mia, i capezzoli sembravano esplodere e vergognandomi ebbi un brivido di eccitazione quando le appoggia la scopa sulla pelle facendole cambiare il colore con quel lerciume che iniziò a colarle addosso. Non mi permise di smettere e mi obbligò a continuare, scopare per terra ed usare il corpo di Mia come uno zerbino.
“e non hai ancora finito, avanti schiava – usò quel termine con disprezzo assoluto – adesso ti stendi li in mezzo e ti rotoli per asciugare meglio il pavimento”
Il mio cuore ribollì, non potevo credere che avrebbe accettato quell’infamia.
Eppure la pudica e integerrima Mia stava diventando solo una schiava. Ormai lordata, si inchinò restando con una mano appoggiata al suolo, restando per un attimo sul fianco prima di lasciarsi scivolare completamente sul pavimento. Quasi interamente sudicia vidi la sua pelle accapponarsi ancora di più quando senza neppure protestare si sdraiò. Le tette si appoggiarono al suolo in quella mezza flessione. Umiliata e derisa in qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto pensare.
Era abominevole. Io ero annichilito, la scena aveva perso la sua perversa fase di eccitazione, Mia era sdraiata in mezzo a quel fetido liquame insozzandosi completamente.
“Adesso sdraiati anche sulla schiena”. Mia sottomessa ubbidì girandosi e mostrando il lerciume attaccato al suo corpo.
“Visto, vostra moglie è solo una schiava ubbidiente tanto da lasciarsi usare come uno straccio per pavimenti”
“Le tette, voglio vedere quelle tette da vacca strisciare sul pavimento e funzionare da stracci” riprese Jamaal. Il liquido le si era attaccato addosso ed il pavimento lentamente si stava asciugando. Mia si fermò al suolo, tremante e scossa da fremiti profondi. Era in uno stato pietoso. Si mise in ginocchio spingendo le tette a sfiorare il pavimento dondolandosi per lasciarle scivolare avanti e indietro sul suolo.
Jamaal prese la scopa e la passò sul corpo di Mia con un sadismo estremo, lentamente davanti scivolando sulle tette e poi dietro divertendosi a sfregargliela bene sul culo aumentando il lerciume che le restava addosso.
MIA
Ero sporca, bagnata e insozzata da gocce di sperma ormai insecchite e urina che piano piano iniziavano ad asciugarsi, ero ancora lì, sdraiata a terra e sentivo il gelido delle mattonelle lungo la mia schiena.
In cuor mio speravo che tutto passasse presto, ma il mio corpo era sempre in attesa di un nuovo ordine, di un ulteriore passo vergognoso verso l’umiliazione più profonda.
Così il suo nuovo ordine “Mettiti pure le calze”, mi sollevò da una parte perché pensavo che stesse tutto finendo, almeno per quella giornata, dall’altro rimasi un po’ delusa proprio per questo pensai con il mio spirito ormai impregnato di puro masochismo.
Guardandomi mentre mi infilavo le calze ormai inzuppate, spinse verso di me anche i miei sandali in modo che potessi avere l’apparenza che avevo prima di entrare in quel cesso.
Appena ebbi finito di allacciarmi anche il secondo sandalo, Jamaal mi si avvicinò e, prendendomi per i capelli, mi indirizzò il viso verso il suo inguine, verso il suo sesso che svettava fuori dei pantaloni.
“Succhiamelo bene puttana.” Mi disse mentre aprivo la bocca e prendendolo quasi fino in gola.
Volle muovermi lui la testa tirandola per i capelli e facendo in modo che il movimento sul suo sesso fosse di suo gradimento.
Lasciai fare perché quello era il suo piacere e io dovevo fargli provare piacere, era il mio compito, forse ero nata proprio per questo, per dare tutto il piacere a chiunque volesse usarmi, come e quando volevano. Ero in preda alla vergogna e all’umiliazione più profonda eppure godevo di quella situazione.
Rodolfo mi guardava incredulo e dicendomi “che puttana che sei diventata” uscì da quel locale.
Ero dispiaciuta della reazione di Rodolfo anche se di sicuro anche lui desiderava che io diventassi quella puttana che ora stava succhiando il sesso di Jamaal, muovendo la testa a seconda del piacere del suo padrone che dettava il ritmo tirandola per i capelli.
Fu forse quello il momento che il mio padrone aspettava, un momento che fotografava pienamente il mio degrado: ero la la sua schiava e puttana inzozzata con il suo sesso in bocca fino in fondo ed un dildo infilato nel mio ano.
Così, sentendo il suo godimento ormai prossimo, infilò il sesso ancora di più nella mia bocca e scaricò sulla mia lingua e nella mia gola il seme del duo piacere che mi affrettai ad ingoiare, così come avevo ormai imparato a fare.
Restò nella mia bocca ancora un po’, fino a quando non fu certo che anche l’ultima goccia del suo piacere fosse finita nella mia gola, quindi si ritrasse, prese il guinzaglio e lo allacciò al collare.
Mi guardò mentre ero ancora accovacciata ai suoi piedi, poi mi disse “andiamo cagna” facendomi così capire che dovevo mettermi a quattro zampe e seguirlo dove lui volesse andare.
Entrammo nella sala del cinema, le luci erano accese e non vidi nessuno, tranne mio marito e quell’amico di Cosimo, quel garzone che non avevo riconosciuto prima.
Jamaal camminando speditamente, costringendomi anche a muovermi più velocemente, cosa difficile, visto che camminavo in una posizione comunque innaturale, arrivò fino a loro.
Si fermò davanti al garzone e mi disse “Digli come ti chiami ora.”
Restai immobile ai piedi del garzone e di Jamaal non sapendo cosa fare, mi vergognavo molto più di quanto pensassi per quella situazione, ero stata riconosciuta dalle persone più odiose e antipatiche che conoscevo, ero stata addirittura usata da loro come volevano, facendomi umiliare nella maniera più assurda e inverosimile. Ma non bastava, adesso ero a quattro zampe con collare e guinzaglio, praticamente nuda ai piedi di quel garzone e il mio padrone mi chiedeva di dirgli quale fosse ormai il mio ultimo nome.
“Allora puttana – incalzò Jamaal – ti sei già dimenticata il tuo nome? Dillo come ti chiami.”
Abbassai la testa cercando di non guardarli, la vergogna era davvero enorme, ma risposi senza più esitare.
“Prof salope.”
Ormai Mia non esisteva più e neppure EV625 la schiava in vendita stavo accettando completamente la mia nuova identità , sarei restata la schiava di Jamaal ma sarei anche diventata la prof puttana e non sapevo se lo sarei restata solo per il mio soggiorno a Parigi o anche al ritorno nella mia città.
RODOLFO
Corsi fuori nauseato mentre lui avrebbe finito di divertirsi con quella schiava completamente sottomessa. Mi soffermai sulla porta con una minima indecisione. La sentii gemere violentemente, un gemito di dolore o piacere? Volevo rientrare e salvarla dalla sua perdizione. Feci un passo indietro riaprii solo in parte la porta e lo spettacolo che si presentò mi agghiacciò. Mia, la dolce e pudica Mia a quattro zampe il volto lordato dallo sperma di Jamaal e lei che leccava ancora la verga del suo aguzzino completamente eccitata. Anziché ribellarsi Mia ne assecondava i movimenti alla ricerca di un piacere degradante. Capii quanto sapesse godere nella vergogna e quanto ormai il suo destino fosse segnato. Richiusi la porta e mi risedetti in una poltrona appena fuori dal cesso con un profondo senso di colpa. In sala le luci erano accese, non c’era nessuno solo un ragazzoto seduto poco distante da me.
La porta dei cessi si aprì, Jamaal teneva Mia laidamente trasformata al guinzaglio che gattonando lo seguiva. Il ragazzotto gli andò incontro. Lo seguii e lui si girò verso di me “era una cliente del mio negozio ed ora è solo la mia cagna per questa notte.” Abbassai la testa e restai qualche passo dietro di lui.
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